Ancora a proposito di COLON IRRITABILE…

Come promesso ritorno sull’argomento, vista anche la richiesta di molti lettori.
Tornerò sulla relazione tra colon irritabile (IBS) e stati ansioso-depressivi.
Lo so è incredibilmente fastidioso essere trattati dai medici come dei malati immaginari per il solo fatto che non esistono in questa sindrome evidenze di danni all’interno dell’intestino che giustifichino i sintomi. I medici trattano spesso chi è affetto da questa fastidiosissima sindrome come un depresso in cerca di attenzione….
E questo crea rabbia in chi si sente in sostanza trattare se va bene da malato immaginario e se va peggio, da debole o incapace di affrontare lo stress della vita.
Ma la scienza ha già alcune risposte interessanti che devono essere approfondite ma che rivelano insospettabili relazioni tra il cervello e l’intestino in grado di spiegare ciò che accade in un intestino irritabile.

Anche in malattie come il Morbo di Crohn e la Colite Ulcerosa, che sono infiammazioni con danni visibili all’intestino, si associa molto spesso una sindrome ansioso-depressiva. Ma allora viene sempre più il dubbio che l’insorgenza di stati ansioso-depressivi invece della causa dell’IBS ne sia invece una possibile conseguenza come lo è in queste altre malattie dell’intestino. O perlomeno che ci sia una correlazione molto più biunivoca e molto meno semplicistica.
Come dicevo nello scorso articolo, io sono fermamente convinta che occorra riferirsi ai complicati sistemi di interrelazione che esistono e sono sempre più evidenti tra il nostro apparato digestivo e il cervello, in un’ottica epigenetica.

Un’ipotesi nata dall’osservazione dell’interazione tra cervello e intestino prende in considerazione la gestione dello stress. Sembra infatti che se la persona si trova a dover gestire uno stress importante per molto tempo e per farlo il suo cervello è abituato a chiedere energia all’intestino, questi possa alla lunga esaurire le sue risorse con la comparsa dei sintomi dell’IBS.
Un’irrorazione insufficiente e l’assottigliamento del mantello protettivo delle mucose indeboliscono le pareti intestinali. Le cellule immunitarie allora emettono una quantità molto elevata di cellule segnale (cellule che inviano messaggi di dolore al cervello) che sensibilizzano sempre di più il cervello intestinale. In sostanza il cervello prende troppa energia creando un indebolimento dell’intestino.

Insomma lo stress non verrebbe affrontato dal sodalizio cervello-intestino in maniera funzionale per qualche motivo ancora non noto.

Questo intanto sgombra il campo da sensi colpa e di inadeguatezza che possono nascere da malinterpretazioni dell’IBS.

Certamente chi soffre di questa sindrome deve lavorare di più sulla gestione dello stress ma non perché abbia una colpa o una qualche forma di inadeguatezza ma solo perché il suo meccanismo cervello – intestino non funziona come dovrebbe e diventa molto importante allora aiutare attivamente qualcosa che dovrebbe essere naturale ma che così non è in questi individui.

Spesso quando mi vengono inviati dal medico di base questi pazienti arrivano con un atteggiamento critico e difensivo e fanno fatica a fidarsi e a collaborare perché feriti nell’amor proprio da una diagnosi e una prognosi che vivono come troppo colpevolizzanti.

Solo elaborando questo senso di colpa e deresponsabilizzandoli di un meccanismo che non hanno il potere di controllare trovano la giusta motivazione a continuare il percorso di cambiamento che viene loro proposto.

Nella prossima puntata affronteremo meglio altri aspetti legati a questa sindrome.

A presto.

Quando il colon si irrita… e la vita si complica!

L’IBS o sindrome dell’intestino irritabile è un disordine della funzione intestinale che provoca dolore al basso ventre, gonfiore e distensione addominale, diarrea e stitichezza spesso alternate. Colpisce dal 10 al 20% della popolazione con punte fino al 30% in Italia!
Le donne sono più colpite degli uomini (2:1).
La buona notizia è che non sembra correlata con malattie più severe e dagli esiti nefasti come i tumori, né l’incidenza di queste malattie aumenta in chi è affetto da IBS tuttavia con l’IBS occorre fare i conti tutti i giorni!
Si stima che una grossa fetta di assenze lavorative dipenda dai sintomi dell’IBS e chi ne soffre ha ripercussioni importanti sulla sua vita personale e sociale.
Spesso si correla questa sindrome a problemi psicologici di ansia o depressione e il medico tende a trattare questi sintomi con antidepressivi.
Sarà capitato a molti di essere bollati come ansiosi e incapaci di gestire lo stress perché affetti da IBS (come se tutti gli altri fossero bravissimi a gestire lo stress!)
Ma non tutti gli ansiosi né i depressi soffrono di IBS! Anche se è vero che spesso chi soffre di IBS può soffrire di potologie dell’umore. Ma non è chiaro a mio avviso se l’ansia e la depressione ne siano la causa o viceversa sia l’IBS a provocare sintomi depressivi e ansiosi!
Quello che penso invece è che, secondo i principi dell’epigenetica, la causa sia certamente biologica (esiste una familiarità nei casi di IBS), ma che occorra una causa scatenante ambientale perché si manifesti. L’insorgenza avviene intorno ai 20 /30 anni e in tutti i casi che ho trattato nel periodo di insorgenza l’individuo aveva sperimentato un importante stress acuto o cronico, (cambi di residenza, matrimoni, lutti, separazioni ecc)
E’ comunque certo che si tratti di una sindrome che deve essere affrontata in sinergia, psicologia, nutrizione e farmaci (quando occorrono).
La gestione dello stress è sicuramente di aiuto. Non foss’altro che per lo stress generato dalla malattia stessa!
Non essendoci una cura univoca e accreditata, viene spesso sottovalutata dai medici di famiglia, e dagli specialisti in gastroenterologia, nonché dalla ricerca!
Ma ora ci si può avvalere di un approccio sinergico interessante che da buoni frutti. Occorre trattare questa sindrome come una intolleranza.
Nel 2001 nell’Università di Melbourn in Australia un gruppo di ricercatori ha individuato la causa dei sintomi dell’IBS. Si tratta di alcuni carboidrati presenti nella nostra dieta. Questi carboidrati sono stati chiamati FODMAP che è l’acronimo di Fermentable, Oligo-saccharides, Di-saccharides, Mono-saccharides, And Polyalcol.
In pratica: FRUTTANI, GALATTANI, LATTOSIO, FRUTTOSIO, POLIALCOLI.
Per la diminuzione dei sintomi occorre seguire una dieta priva di questi glucidi per 15 gg. Seguita dall’introduzione a step di ognuno degli alimenti eliminati con valutazione della risposta soggettiva. E infine eliminazione degli alimenti non tollerati.

Ho utilizzato questo approccio con alcune persone affette da IBS e i risultati sono davvero molto interessanti!

Questo approccio integrato permette di trattare i sintomi con un metodo naturale che aiuta a gestirsi meglio con esiti positivi anche sulla generazione dello stress. E’ di semplice applicazione dopo un breve periodo di apprendimento e aiuta a gestire anche il senso di impotenza che si genera con la perdita del controllo sul nostro corpo.

Se volete saperne di più su questa dieta e sulle sue applicazioni, nonché sul trattamento dei sintomi d’ansia correlati, contattatemi o seguitemi nei prossimi giorni su questo sito.

Cos’è il metodo MaPS?

Sei tra quelle persone che vorrebbero dimagrire ma non ci riescono? Che magari si impegnano ma poi vanificano tutto con una serie di intemperanze alimentari? Che vengono attratti irresitibilemente dal cibo e non riescono a esercitare la volontà di fronte ad esso?
Niente di male, non è colpa tua!
Cerchi di opporti razionalmente (volontà) a qualcosa che nasce su un altro piano, quello delle emozioni!

La tua volontà contro qualcosa di molto più potente, non puoi vincere, non così!!!

E’ dalla ricerca di una modalità diversa di gestire questo problema che nasce il metodo MaPS (Magro Per Sempre).
La mia ricerca è durata molti anni e mi ha portato ad alcune considerazioni e ipotesi di lavoro che ho verificato sul campo con decine e decine di clienti.
La ricerca mi ha dato ragione!
Per cambiare questo stato di cose occorre deprogrammare e riprogrammare il nostro modo di rispondere alle emozioni.

Il metodo prevede un RICONOSCIMENTO delle emozioni alla base delle nostre intemperanze, PRESA DI COSCIENZA della funzionalità del comportamento messo in atto, una PRODUZIONE di un comportamento appropriato alla gestione dell’emozione e una RIPROGRAMMAZIONE del comportamento alimentare.

In pratica:
Se sono preda di una rabbia molto forte e in conseguenza di questa trovo conforto nel cibo (sgranocchio rabbiosamente dei biscotti, patatine o altro) la prima cosa che devo fare è riconoscere che il comportamento alimentare deriva da quella emozione e prendere coscienza che mangiare mi serve per gestire quell’emozione che altrimenti non saprei gestire, produrre poi un comportamento diverso per gestire la rabbia (per esempio esplicitandola e pronunciando una frase che mi faccia capire la funzione di quella rabbia per me! E/o, se è possibile, affrontare la fonte della mia rabbia ) e infine riprogrammare un comportamento alimentare adeguato alla mia reale fame.

In questo modo è più facile capire se sto cercando cibo perché ho fame o perché devo mettere a tacere qualche emozione (spiacevole o piacevole, vedi eccitazione!)

Il metodo è piuttosto semplice (anche se più complesso nella pratica perché le emozioni possono essere più di una, ma niente paura si impara velocemente!).
E in poche sedute si diventa autonomi nell’applicazione e davvero in poco tempo si riesce a riprogrammare perfettamente il proprio comportamento alimentare.

Provare per credere!

Grazie delle vostre domande!

Vorrei spendere qualche parola per ringraziare tutte le persone che mi scrivono e che mi raccontano le loro difficoltà chiedendomi un parere. Mi offrono molti spunti di riflessione anche per scrivere su questo sito-blog!
Spero di riuscire sempre a fornire un punto di vista che possa aiutare a vedere ciò che vi accade con occhi diversi. Più di questo con una sola risposta non riesco a fare ma in molti casi so che è servito!
Mi hanno chiesto di scrivere su altri argomenti e vi assicuro che cercherò in futuro di accontentarvi.
Continuate a scrivermi. Purtroppo non sempre riesco a rispondere a tutti, perdonatemi in anticipo!!!

Buona vita

L’insostenibile leggerezza dell’essere…umano!

Vorrei fare una denuncia… una denuncia di un fenomeno che è silente ma sempre più drammaticamente reale.
Parto da alcuni dati:
Aumentano le richieste di telefonini di ultima generazione, la telefonia non conosce crisi.
Un altro settore che non sta vivendo crisi particolari è il settore estetico, insieme a quello turistico.
Ma a sentire le interviste e a vedere altri dati come il consumo di generi alimentari la crisi sta mordendo ancora.
Allora come si spiega questo divario?
Succede anche un’altra cosa: aumentano le richieste di prestiti per pagarsi le vacanze o acquisti particolari (consolatori?).
E ancora un altro dato: I pagamenti ai professionisti sono posticipati.
Per esempio la mia categoria sta vivendo un momento molto particolare: le persone che sono in terapia vengono, con minore frequenza, ma non interrompono, però accumulano debiti, pagano con ritardo. La cosa strana è che le stesse persone che fanno fatica a pagare per queste prestazioni trovano comunque il denaro per week-end e vacanze.
Come è possibile tutto ciò? E cosa significa?
Vi do la mia lettura alla luce di tanti altri piccoli ma significativi segnali.
Non si vuole rinunciare a nulla! La parola “rinunciare” non è contemplata. Diventa necessario riempirsi di cose e cercare di evadere, anche se non ce lo si può permettere.
Questo fenomeno è molto evidente nella generazione dei 30/40 enni ma lo si vede già anche nei più giovani.
E naturalmente “si ha il diritto” di avere l’oggetto del desiderio, di fare la vacanza “come tutti”, di pensare a se stessi e ai propri desideri.
Bandita la fatica, si cerca la soluzione più facile e immediata, la soddisfazione subitanea.
La capacità di attesa è sempre più bassa, l’ansia più alta, il vortice del malessere messo a tacere con un riempimento immediato di cose, cibo, emozioni effimere.
E in tutto questo diventa sempre più lontano il ricorso al buon vecchio psicologo che invece ti costringe a riflettere, a mettere in discussione il tuo comportamento ad accettare l’attesa e la fatica.
In questa visione c’è qualcosa di decadente.
C’è la sconfitta di una civiltà che ha come mito il guadagno facile.
Saremo prede di noi stessi prima che di ipotetiche civiltà che ci divoreranno trovandoci deboli e distratti.
Mi piacerebbe un dibattito su questo argomento.

Sapevate di mangiare tutti i giorni olio di … palma?

Sì, proprio così, olio di palma…tutti i giorni! L’olio di palma è contenuto in tantissime (la maggior parte) dei prodotti dolciari industriali, merendine, biscotti, creme spalmabili al cacao ecc.
Solo che solo oggi è possibile sapere che esso costituisce uno degli ingredienti della nostra colazione e della merenda dei nostri figli, da quando cioè la Comunione Europea ha imposto di specificare in etichetta i grassi di origine vegetale (Reg. Ue 1169/2011 in vigore dal 2015).
E’ così scopriamo che ogni giorno i nostri bambini mangiano questo olio (c’è anche nei biscotti per neonati) e che i risultati della scienza sul loro impatto sulla salute sono ancora molto controversi!
Quel che è certo è che nel 2014 abbiamo importato 1,7 miliardi di chilogrammi di olio di palma in Italia, la patria dell’olio di oliva!
Ma perché è così utilizzato? E’ presto detto: è molto economico e rende le nostre merendine molto fragranti.
Viene prodotto nelle zone deforestate in colture intensive e dove si fa ancora molto uso di pesticidi vietati in Europa (es. il ddt).
Cosa contiene? L’olio di palma in forma grezza è di colore rossastro per la grande presenza di carotenoidi (bene!), vitamine A, E, co-enzima Q10, squalene, (ancora bene!) ma anche una buona percentuale di grassi saturi a catena lunga (male!) e una buona quota di acidi grassi a catena corta (meglio!). Ma dopo la raffinazione (fatta con due processi chimici!) rimangono i grassi (entrambi) ma viene spazzato via tutto il resto! (rimangono tracce di elementi chimici!).
Si sa anche che il famoso Napalm (famoso per la guerra del Vietnam) è costituito da acido naftenico e acido palmitico.
Non è proprio un bel passaporto per la nostra tavola!
Si sa poi che è causa di deforestazione selvaggia.
Quindi, lungi da me fare terrorismo, ma quantomeno con questi dati invito alla prudenza almeno in osservanza al principio dell’astensione in assenza di dati certi.
Un motivo in più per mangiare meno cibi industriali!

Buona vita!

Lo zucchero, bianco o bruno che sia, ci fa male!

Non credere a chi ti dice che lo zucchero (saccarosio) è un alimento che se consumato “moderatamente” non fa male anzi che abbiamo bisogno di zucchero per vivere! In questa frase c’è un errore di fondo: noi parliamo di saccarosio mentre il nostro corpo ha bisogno di glucosio che è la sostanza in cui trasformiamo ogni nutrimento che introduciamo, ergo non abbiamo bisogno di saccarosio!
Lo zucchero che provenga da barbabietola o da canna da zucchero è una sostanza prodotto di estrema raffinazione, la quale toglie ogni sostanza nutritiva (vitamine, minerali, fibre) lasciando solo le calorie! Lo zucchero ha un indice glicemico di 100, il massimo possibile e alza la glicemia del sangue in pochissimo tempo perché viene digerito immediatamente nell’intestino tenue passando direttamente nel sangue. Ciò induce il nostro Pancreas a secernere moltissima insulina che però non trovando più niente da digerire rimane nel sangue provocando iperinsulinemia e quindi bisogno impellente di altro cibo, di altri carboidrati che sono più veloci da digerire e placano la fame in fretta … e così via!
Ti lascio immaginare questo cosa significhi in termini di peso e salute.
Se ti chiedevi come mai avevi sempre una fame vorace dopo un’ora dalla colazione… adesso hai la risposta!

Se togliamo lo zucchero e quindi gli alimenti industriali e troppo raffinati (la farina 00 ha un indice glicemico molto vicino allo zucchero!), inizialmente avremo un periodo di transizione un po’ complicato. Potranno comparire mal di testa, diarrea, vertigini, ma il premio sarà oltre che la salute, anche riscoprire tanti sapori, i veri sapori dei cibi, che lo zucchero aveva appiattito e reso tutti uguali.

Se volete usare ogni tanto un alimento per dolcificare, non utilizzate comunque gli zuccheri sintetici (saccarina, aspartame, acesulfame k, maltitolo ecc) per le gravi implicazioni che possono avere sulla vostra salute. Utilizzate qualche alimento tipo il malto d’orzo (se non siete celiaci) o il malto di riso! Sono alimenti più completi e forniscono le vitamine e i minerali utili anche alla loro digestione senza intaccare i vostri. Ma non abusatene comunque! Anche se sono meglio del saccarosio puro hanno delle controindicazioni ugualmente per quanto riguarda l’indice glicemico per esempio. Quindi trovate un equilibrio!

Buon cambiamento!

La consapevolezza è un ottimo stimolo al cambiamento…

Ma tu sai come è fatto quell’hamburger che stai mangiando? Sai con quale carne? Come è stato allevato quel bovino? Che cosa ha mangiato? In che condizioni igieniche è vissuto? Quanti ormoni e antibiotici ha preso? Quanti litri di acqua sono serviti, e quanto azoto è stato rilasciato nel terreno, e quanta energia è stata necessaria?
Se sapessimo tutte queste cose potremmo scegliere davvero cosa e come mangiare. In Italia esistono certo leggi e controlli che certificano la qualità di ciò che mangiamo ma anche se non siamo gli Stati Uniti, dove l’industrializzazione e l’allevamento intensivo sono un realtà molto estesa, spesso non sappiamo comunque davvero cosa stiamo mangiando.
Da un po’ di tempo si fa strada la consapevolezza che è fatta di blog, di GAS (gruppi di acquisto Solidali), di ricerca del BIO (biologico, biodinamico), di bisogno di sapere. E questo è un fenomeno molto importante che bisogna incrementare per poter davvero decidere qualcosa che era ormai sfuggito al nostro controllo. E mangiare sano e sostenibile è sempre più una necessità e una priorità.
Se siete interessati all’argomento vi posso senz’altro suggerire alcune letture che sono basate sulla situazione americana, ma che comunque sono un buon spunto di riflessione anche sulla nostra produzione e sulla catena industriale di cibo.
Un esempio su tutti di Michael Pollan “Il dilemma dell’onnivoro”, vi aprirà gli occhi su verità troppo importanti per essere ignorate.

Buona lettura

Non solo per dimagrire….

Uno stile di vita sano che preveda un’alimentazione varia ed equilibrata, del sano moto (integrato nella quotidianità!) e gestione dello stress, offre senza dubbio un bellissimo effetto collaterale… il peso forma!
Ma mangiare bene e occuparsi di sé è anche e soprattutto la chiave per ammalarsi meno e tenere lontane malattie importanti e spesso letali o che peggiorano molto la qualità della vita di chi si ammala e di coloro che compongono la sua famiglia e e suoi affetti. Certamente pensiamo alle malattie cardiache, a quelle del metabolismo, ai tumori ma ce ne sono altre insospettabili.
Per esempio le demenze.
Molte sono infatti le ricerche che giungono allo sgradevole risultato di connettere queste malattie degenerative ad uno stile di vita non sano (vedere “The China Study” di C. Campbell o Valter Longo “La dieta della longevità”), e comunque a scorgere dei nessi importanti tra come ci si alimenta, il peso corporeo, e l’insorgenza di queste malattie.
Sono malattie subdole, che portano passo passo le persone a non essere autosufficienti, a vivere senza memoria, disorientati, e a diventare pericolosi per se stessi e molto difficili da trattare dai familiari.
Spesso sono infatti i loro cari a rivolgersi al medico con la paura di stare assistendo all’insorgenza di una di queste demenze.
Sono malattie cui purtroppo non c’è ancora una cura definitiva che guarisca il paziente. La ricerca ci sta ancora lavorando.
Però una diagnosi precoce può aiutare molto il rallentamento della degenerazione neuronale. E come? attraverso farmaci adeguati che comunque funzionano molto di più se associati e potenziati da un cambio di abitudini alimentari e di vita e ad una terapia neurocognitiva che una volta impostata può essere portata avanti quotidianamente dai familiari stessi!!!

Non farti ingannare dal tuo palato!

Perché è così difficile cambiare abitudini alimentari? Abbiamo già detto (e sicuramente è una esperienza fatta da molti) che quando si inizia a mangiare in modo sano si ricomincia anche a stare meglio, a sperimentare uno stato di assenza di molti disturbi (non solo digestivi), però basta una ricorrenza, una festa, una cena tra amici e si corre il rischio di riprendere ad alimentarsi in modo poco sano.

Certo è vero che queste occasioni portano con sé dei ricordi e dei vissuti legati a situazioni conviviali e culturali piacevoli legate al consumo di quel cibo specifico, le lasagne della mamma, la torta della nonna, l’arrosto di quando ero bambino!

Ma non si tratta solo di questo! Se fosse solo questo, dopo la deviazione tornerei abbastanza facilmente a mangiare sano ma non è così! Perché?

In realtà il nostro palato è fortemente viziato. Fin da bambini veniamo abituati a cibi raffinati, pieni di zucchero, sale, addittivi chimici di ogni genere che modificano la percezione dei sapori e della consistenza di ciò che ingeriamo.

La sofisticazione del cibo ci allontana progressivamente dal sapore e dalla consistenza del cibo naturale. Questo comporta due esiti:

1. il cibo non lavorato non ci soddisfa più!

2. il nostro palato cerca quel tipo di sapori per essere appagato!

Ecco spiegata quella sensazione di pasto non completo dopo aver assaporato solo cibi naturali poco lavorati e quel bisogno di un dolce, un pezzo di cioccolato, qualcosa che “finisca” il pasto.

E’ solo dopo un lungo periodo di “disintossicazione” e di “riabilitazione” al cibo “vero” che si riesce a superare questa “necessità” e si riesce a sentirsi sazi e appagati dopo un pasto costituito da cibo non addizionato e minimamente lavorato.